Esce su Fuori dal Mucchio, la rivista online de Il Mucchio Selvaggio, la prima recensione del nuovo disco dei Tokio Conspiracy.
Nati inizialmente come un’alleanza a tempo definito di vari musicisti veronesi, i Tokio Conspiracy si sono gradualmente trasformati in una band vera e propria, capace di infondere una particolare impronta ad una spinta creativa già in origine stravagante: infatti i cinque protagonisti, affascinati dalla cultura giapponese – tanto da camuffarsi dietro pseudonimi come Myiuk (voec)i, Katsutoshi (basso, voce), Tatsuhiro (tastiere, voce), Shiro (chitarre) e Yoshi (batteria) – militano o provengono da gruppi dediti comunque a stili imparentati con l’originalità (Mr. Wilson, Aneurysm e Gen Marrone). La situazione tra i solchi di questo esordio è spinta all’eccesso, e nelle dodici tracce è possibile ascoltare fraseggi di crossover in varie forme, dall’art-rock, come loro stessi definiscono la propria musica, a tracce di gothic metal, elettronica e persino folk, con un ventaglio di soluzioni ritmiche variegate e di lavoro sui suoni. Non sempre la stesura è ben definita, vedi l’ingenua “Ombra”, ma quando l’utilizzo della doppia voce uomo/donna trova una perfetta collocazione, come in “Fiume”, il risultato è certamente stimolante. Anche l’iniziale “Mentire” e le atmosfere simil prog di “L’erede”, che riecheggia addirittura la PFM – a documentare riferimenti senza pregiudizi – sono tracce che comprovano un talento in crescita, e se la malinconia di “Lucifero” si adagia su una melodia facile ma intrigante, altrettanto non si può dire di “Piccole creauture”, dove appare lo spettro dei Nine Inch Nails, con tanto di cantilena alla Goblin degna di un film di Dario Argento. Insomma, tanti gli ingredienti utilizzati da questi Tokio Conspiracy, che riescono nell’impresa di incuriosire e piacere. E sul palco dimostrano quella coesione d’intenti che non è così facile da trovare. (Gianni Della Cioppa)
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